
Gli ultimi avvenimenti ci stanno dimostrando come il cambiamento climatico non sia un rischio lontano e senza effetti sulla nostra quotidianità: basti pensare al fenomeno della siccità che sta mettendo in ginocchio l’intero settore agricolo italiano. Diviene quindi fondamentale pensare al cambiamento climatico non solo come un problema ambientale, ma anche e soprattutto, come un elemento di rischio per il contesto economico sociale su scala globale. Su questa consapevolezza nasce la necessità del settore assicurativo di intervenire e proporre, dunque, gli strumenti utili per sopperire ai rischi prodotti dal cambiamento climatico. Che cos’è il rischio climatico effettivamente? Come può essere valutato all’interno del contesto assicurativo? Scopriamolo insieme.
Cambiamento climatico: che cos’è?
Con il termine climate change si indicare l’insieme delle alterazioni ambientali che il nostro pianeta sta registrando. Dalla formazione della Terra a oggi, i cambiamenti sono stati notevoli: tuttavia, solo negli ultimi due secoli, si stanno registrando mutazioni climatiche.
Al concetto di cambiamento climatico va associato, irrimediabilmente, quelli di effetto serra, riscaldamento globale, innalzamento del livello dei mari, siccità. Un fenomeno unico ma dai molti volti che per la sua complessità e imprevedibilità sta condizionando in maniera notevole gli andamenti dei mercati.
Basti pensare, per esempio, alle imprese specializzate in produzione del riso, messe in ginocchio dalla siccità.
Con la stipula dell’Accordo di Parigi, gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si sono formalmente impegnati a contenere l’incremento delle temperatura globale di 2°C, con azioni che mirino a scoraggiare gli investimenti attivi a uso intensivo di carbonio. Una promessa importante che segna l’inizio di una consapevolezza mondiale sulla salute del pianeta.
I fenomeni di transizione climatica espongono a grandi rischi attività imprenditoriali, a prescindere dal settore di appartenenza. Di conseguenza le compagnie assicurative sono costrette a ridefinire i loro asset sulla base di una serie di rischi rilevanti. Questi rappresentano una sfida per i modelli di business nonché per la solidità di molte imprese.
Grazie a un’analisi condotta dall’EIOPA, solo il 35% delle perdite dovute a eventi climatici estremi risultava assicurata in Europa nel 2019.
Impact underwriting: come definire il rischio climatico
Con l’espressione impact underwriting si indica l’integrazione dei rischi climatici nelle politiche di sottoscrizione. Ciò sta portando all’ideazione e costruzione dei prodotti assicurativi nonché della valutazione dei rischi, ponendo al centro i cambiamenti climatici.
Con l’introduzione dell’impact underwriting si assiste a una significativa evoluzione dei modelli di business assicurativi. I consulenti sono chiamati a sensibilizzare nonché accompagnare gli assicurati in un un percorso di adattamento ai cambiamenti climatici, nonché a elaborare coperture ai rischi congrue alle nuove esigenze.
Per la complessità e l’imprevedibilità dei fenomeni correlati alla transizione climatica, è fondamentale per le compagnie assicurative valutare correttamente i rischi a cui le singole attività sono esposte nonché anticipare i possibili impatti nel lungo e nel breve periodo. Tutto ciò rappresenta un requisito fondamentale per l’assicurato che mette quindi in garanzia il suo sviluppo economico e sociale.
La capacità delle compagnie di valutare correttamente l’entità dei rischi climatici a cui sono esposti e di anticiparne i possibili impatti di medio termine rappresenta un elemento di garanzia del loro ruolo centrale nel sistema socio-economico e nello sviluppo sostenibile.
Un grande passo verso la corretta valutazione del rischio climatico dal punto di vista assicurativo è stato compiuto con la stipula del regolamento delegato 1256/2021 emanato nell’agosto 2021 dalla Commissione Europea. Questo provvedimento ha reso possibile la modifica del regolamento delegato 2015/35 permettendo l’inserimento dei rischi di sostenibilità, tra cui quelli climatici. Ma non solo: sono stati introdotti i fattori utili alle compagnie per calcolare l fabbisogno di solvibilità globale in regime Solvency II.
Calcolo del rischio assicurativo per il cambiamento climatico: il problema metodologico
Il concetto di rischio in sé è strettamente connesso a quello di probabilità. In statistica, il calcolo delle probabilità di basa su dati certi e consolidati.
Affinché sia possibile il calcolo del rischio è necessario considerare tre diversi elementi:
- La pericolosità: permette di quantificare la probabilità che un fenomeno potenzialmente dannoso si verifichi in una determinata area, in un determinato periodo, in un certo tempo e con una data intensità. Ad esempio, il rischio sismico può essere più alto in Italia rispetto alla Germania
- L’esposizione: consente di quantificare la propensione a subire un danno a seguito di un evento pericoloso e di una certa intensità. Ad esempio, un edificio costruito con tecniche antisismiche ha un esposizione bassa qualora si verificasse un terremoto
- La vulnerabilità: rappresenta il numero di unità e/o i valori degli elemento che possono essere esposti all’evento pericoloso.
A supporto della gestione del rischio, sono fondamentali:
- Dati storici, per un’analisi territoriale dei rischi in base agli eventi precedentemente verificati
- Dati previsionali, che consentono la valutazione di eventi meteo intensi in arrivo
- Dati di scenario, validi per il lungo e il breve periodo
A causa del repentino e brusco cambiamento climatico globale, le medie storiche stanno iniziando a perdere di efficacia. Pertanto, è diventato fondamentale procedere verso un aggiornamento costante dei dati in modo che il settore scientifico fornisca gli strumenti utili e attendibili al contesto assicurativo.
L’imprevedibilità del fenomeno di transizione climatica condiziona anche il pricing delle polizze assicurative. A causa dell’andamento dei fenomeni climatici sempre più estremi, si assiste a un aumento esponenziale seppur proporzionale dei prezzi assicurativi.
Il suggerimento arrivato da EIOPA è di valutare il ricorso a polizze pluriennali. Se da un lato permettono di rafforzare gli incentivi economici su investimenti nonché promuovere una riduzione dei costi amministrativi, dall’altra l’impegno preso nel medio periodo non concede la possibilità di eventuali rinegoziazioni.
In questo contesto, l’intervento dell’authority ha assunto un valore profondamente risolutivo. Ha proposto, infatti, una riformulazione dei premi che sia in grado di pretendere in considerazione non solo l’adozione di misure di prevenzione dei possibili danni ma anche il livello di esposizione ai rischi climatici dei singoli assicurati.
Climate insurance: il panorama odierno
Attualmente, i principali gruppi assicurativi offrono agevolazioni connesse a misure per la riduzione delle emissioni energetiche. Un’azione volta alla riqualificazione energetica nonché all’adozione di veicoli elettrici. Una consapevolezza condivisa e sopportata anche dalla creazione di prodotti dedicati ad attività green, come l’agricoltura sostenibile e le energie rinnovabili, nonché all’esclusione dalla copertura delle attività maggiormente impegnate nel carbon intensive.
Tuttavia, per la complessità nonché imprevedibilità dei fenomeni, sempre più compagnie assicurative stanno adottato un approccio olistico in grado di combinare le relazioni con gli assicurati, la definizione dei premi e i fattori climatici utili alla progettazione dei prodotti.
Uno scenario che apre le porte a possibilità collaborazioni ma anche partnership e joint venture con stakeholder provenienti da settori differenti: scientifico, istituzionale, assicurativo, imprenditoriale. Azioni che avranno come focus la raccolta, condivisione e interpretazioni di dati, utili a ridefinire e ridisegnare le nuove condizioni di sostenibilità economica.