La tutela e la sicurezza dei dipendenti in smart working

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Quali sono i diritti e doveri dei dipendenti in smart working? E quali sono le responsabilità dei datori di lavoro? Scopriamolo in questo nuovo articolo.

Con il rapido diffondersi del Covid-19, intere categorie di lavoratori – sia delle aziende private che della Pubblica Amministrazione – hanno trasferito la propria postazione dalla scrivania dell’ufficio alle stanze di casa.

Lo smart working è diventato così una caratteristica delle nostre vite quotidiane. Qualcuno ha infilato nello zaino il pc portatile dell’ufficio, altri hanno utilizzato il computer fisso di casa. Qualcuno ha iniziato a lavorare al tavolo della cucina o del salotto, i più fortunati nel proprio studio casalingo.

Un drastico cambiamento di abitudini che ha generato non pochi problemi di gestione. Da un lato quelli legati alle umane debolezze, come non cedere alla tentazione di sdraiarsi sul divano e aprire il frigorifero ogni cinque minuti. Imparando nel contempo a lavorare lontano dai colleghi e da un ambiente nel quale si trascorrono – nel bene e nel male – intere giornate.

Allo stesso tempo, il lavoro agile ha messo in luce tutta una serie di complessità legate alla tutela dei dipendenti in questa particolare situazione.

L’emergenza pandemia, infatti, ha costretto a un immediato ricorso allo smart working. Questo, però, non ha cambiato il rapporto datore/dipendente. Così come non ha portato a un nuovo modo di pensare e organizzare il lavoro.

Tutela dei dipendenti in smart working

Il datore di lavoro rimane responsabile, anche durante la pandemia, della salute e della sicurezza del lavoratore in smart working. Questo sia per effetto della legge 81/2017 che per il decreto legge 81/2008 e successive modifiche.

Persistono quindi le responsabilità del datore di lavoro che riguardano la salute e la sicurezza del lavoratore in smart working, oltre alla manutenzione degli strumenti di lavoro in dotazione al dipendente.

Il lavoratore agile, inoltre, è libero di scegliere il proprio posto di lavoro. Anche senza una precedente verifica sulle condizioni del luogo scelto, che potrebbe non soddisfare i requisiti che invece si trovano nella postazione in ufficio, dalla sicurezza alla tipologia della seduta fino all’illuminazione del monitor del computer.

Il dipendente potrebbe quindi chiedere un adeguamento di determinati parametri al proprio datore di lavoro. Il datore di lavoro, quindi, è obbligato a valutare ogni possibile rischio legato alla modalità lavorativa agile, compreso lo stress da lavoro, sia fisico che mentale.

Secondo una ricerca, infatti, circa il 50% dei lavoratori in smart working ha segnalato l’insorgere di diversi problemi fisici. Inoltre, uno studio dell’ISTAT dello scorso febbraio ha evidenziato un calo dell’efficienza lavorativa e conseguentemente della produttività.

Secondo una ricerca condotta dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, “il 49,7% dei lavoratori agili lamenta maggiore stress e ansia da prestazione prodotti dallo smart working”.

Stress, perdita di rapporti sociali, difficoltà a gestire le ore e la mole di lavoro in autonomia. Le cause sono molteplici ma portano tutte allo stesso risultato negativo.

È quindi essenziale – sia per il datore che per il dipendente – conoscere a fondo tutte le norme e i meccanismi dello smart working. Per ripensare e ridefinire, alla fine, l’intero mondo del lavoro. Si tratta dunque di un forte cambiamento culturale, non certo rapido e semplice, che ci obbliga ad analizzare a fondo questa particolare modalità lavorativa.

Che, come illustrano diversi studi, se ben gestita può portare notevoli vantaggi sia economici che sul piano del benessere quotidiano.

Immagine via Unsplash.